VIGLIANO BIELLESE – NED KELLY: 21 febbraio 2003

Novara, 21 febbraio 2003.

Sono le 21.00 di venerdì, quando io ed altri irriducibili rockers ci mettiamo in viaggio alla volta
di Biella, per assistere al concerto della più famosa tribute-band italiana: i 60/70, con il loro
Deep Purple Tribute.

Quando arriviamo, il Ned Kelly (un mega-pub australiano) appare già gremito in ogni ordine
di posto, ma riusciamo a piazzarci in una buona posizione, vicino al palco, giusto pochi minuti
prima dell’apparizione dei nostri eroi.

Per quei pochi lettori che non conoscono gli appartenenti alla band, si precisano i loro
rispettivi ruoli:

Piero Leporale: voce
Fabrizio Fratucelli: chitarra
Roberto Cassetta: basso
Paolo Cercato: tastiere
Paolo Sburlati: batteria.

Here we go!
Si comincia con Speed King, che dà modo a Piero di far capire a tutti che lui proviene proprio
da un altro pianeta: trattasi, infatti, di un pezzo che presenta un notevole coefficiente
di difficoltà, specie sotto il profilo vocale; eppure la magica voce di Piero riesce ad innestarsi
alla perfezione sulla struttura della canzone, correndo agevolmente su e giù per i gradini
di una ritmica che ci trascina tutti quanti. Si prosegue con Fireball, altra canzone che ci viene
proposta su ritmi tiratissimi e capace di portarci molto indietro nel tempo.
Non facciamo in tempo a spellarci le mani per applaudire i ragazzi, che giungono le note
di "Maybe I’m a Leo", in cui basso e chitarra si fondono sapientemente nel caro, vecchio
motivo trainante di questo brano, dai toni così sensuali e decisi al tempo stesso.
Qui sono semplicemente grandissimi Fabrizio Fratucelli e Paolo Cercato: li trovo veramente
in una splendida "forma – campionato"!

E’ ora la volta di un altro classico: Strange Kind of Woman, presentato con fedeltà rispetto
all’originale passato alla storia, ma con in più un delizioso tocco di personalità che non guasta:
il duetto voce-chitarra è piacevole e coinvolgente, e lo testimonia la partecipazione totale dei
presenti. L’aspetto simpatico che noto ogni volta consiste nello stupore e nell’ammirazione
che suscita la performance di Piero, fattore che accomuna chi già conosce il nostro mitico
vocalist e chi non lo conosce: entrambe queste tipologie di persone, infatti, risultano sempre
affascinate come se fosse la prima volta! It’s magic!

Flight of the rat è il pezzo successivo: lo trovo di notevole difficoltà realizzativa, ma per i nostri
eroi nulla è impossibile quando si tratta di Deep Purple e, di fatto, anche questo caso riescono
ad ammaliarci con questi splendidi intrecci di accordi, con queste fantastiche cascate di note.

Si procede con la famosissima Perfect Strangers, dalla suggestiva atmosfera: le orecchie dei
più "esperti" notano la perfetta sintonia di una base ritmica robusta e bene impostata da un
ottimo Roberto Cassetta e da quella locomotiva umana di Paolo Sburlati.
A proposito di quest’ultimo, mi si perdoni una riflessione: il parallelismo risulterà forse un po’
irriverente, ma: ascoltandolo penso a quei fuoriclasse (nel mondo dello sport) che quasi non
si notano, nel contesto della squadra, perché – grazie alla loro immensa tecnica – fanno
sembrare facili le cose difficili e sono così straordinariamente regolari nella loro affidabilità…

Dopo le suggestioni e l’incanto di Perfect Strangers, Piero ci introduce in un’atmosfera
profondamente blues con quella che, per me, rappresenta davvero una pietra miliare:
Mistreated.
Chi legge si chiederà, a questo punto, se la versione ricalchi l’interpretazione di David
Coverdale o di Ronnie James Dio… Beh, la risposta è semplice: "Piero Leporale style"!
Infatti il nostro vocalist ci mette del suo nel condire di feeling le struggenti melodie di questa
straordinaria canzone, accompagnato dalla possente timbrica di Fabrizio Fratucelli, le cui note
si librano nell’aria (ahimè densa di fumo), restando sospese come per magia, per poi farsi
raccogliere ad una ad una in una dimensione vicina all’estasi totale: ebbene sì, ci lasciamo
volentieri ipnotizzare!…

Veniamo però subito scossi dalla familiare "intro" di Burn, che ci riporta ad un ritmo più
sfrenato. Se facciamo una prova e chiudiamo gli occhi, ci pare proprio di essere al cospetto
dei Deep Purple, grazie all’inconfondibile sound che i nostri amici sanno regalarci con tanta
sapienza e gusto.

Un’altra pietra miliare è in arrivo, per la gioia delle nostre insaziabili orecchie: Child in time,
introdotta dalle tastiere di un ispiratissimo Paolo Cercato. Mi sembra qui doveroso
sottolineare due eccezionali prestazioni: quella di Piero, che nell’esecuzione di questo brano
celebra, ogni volta, un vero e proprio rito, con i suoi acuti irraggiungibili ai comuni mortali,
e che stavolta (come se tutto ciò non bastasse) riesce addirittura a metterci una "svisatura"
no-limits, che rende ancora più incredibile i suoi vocalizzi; quella di Fabrizio, che con il suo
assolo ci regala emozioni indescrivibili, allorché vediamo viaggiare la sua mano sinistra sui
tasti della Stratocaster alla velocità della luce; il nostro guitar-hero si permette pure
di concedere qualcosa in più allo spettacolo, con qualche tocco di classe fuori dall’ordinario.

L’entusiasmo del pubblico è proprio alle stelle, l’ambiente è ora più caldo che mai: si leva
all’unisono il coro familiare di Black Night, che la band attacca con estrema decisione.
Piero indirizza il microfono verso l’indiavolata platea, che ovviamente non si fa pregare!
Il pezzo si chiude con uno stratosferico assolo di un Fratucelli particolarmente istrionico
e virtuoso: quasi quasi lo sottoporrei ad un controllo antidoping…!
A parte gli scherzi, Fabrizio è davvero trascinante e coinvolgente, in questa fase, al punto
che l’assolo si conclude con un "amplesso" (musicale, s’intende) tra la sua fedelissima Fender
e il potente Marshall che sta alle spalle. Ovvero: quando l’elettronica diventa arte!

Piero ci presenta ora When a blind man cries, altro pezzo fantastico che si sposa alla
perfezione con lo stile ed il sound dei nostri eroi, i quali interpretano con immenso feeling
anche questa meravigliosa canzone.

Ma è il momento di un’altra brusca accelerazione di ritmo, con Space Truckin’, inframmezzata
da uno strepitoso assolo di Paolo Sburlati, il quale scuote e delizia la platea con un notevole
sfoggio di aerobica potenza: ogni volta che assisto ad un "drum solo", mi chiedo come diavolo
faccia a separare il movimento di ciascun arto in modo così indipendente dagli altri; è come
se il nostro drummer fosse dotato di più microchip, ognuno dei quali presiede ad una funzione
specifica!

Ci si ritrova così tutti uniti a scandire il tempo con le nostre mani, accompagnando la band fino
al trionfo finale della immortale Smoke on the water. Anche in questa occasione cantiamo tutti
quanti il ritornello, invitati da Piero & C. per arrivare, infine, ad una chiusura di stampo
"rossiniano".

Ma non è finita! Infatti, come tanti insaziabili invasati, pretendiamo che lo show continui:
naturalmente i nostri amici non esitano ad accontentarci e, così, ci sparano addosso una
indiavolata Highway Star, che ci fa saltare e cantare in un crescendo inarrestabile
di entusiasmo.

Segue una sfavillante Hush, che ci offre l’ultima opportunità di partecipare al coro.
Il finale è davvero un trionfo, con la gente che non trattiene ed anzi ostenta tutta la sua gioia
per aver assistito ad un concerto di prim’ordine, degno della Musica (notare la maiuscola)
che rappresenta.

Credo che il miglior modo per ringraziare i 60/70 sia quello di sottolineare che anche loro
– come i Deep Purple – sanno regalarci ad ogni concerto le stesse vibranti ed intense
emozioni, pur trattandosi di pezzi ascoltati miliardi di volte: credo che ciò sia dovuto certo
alla potenza ed alla magia del Rock, ma anche alla straordinaria classe degli Artisti.
Per questo noi saremo sempre lì ad applaudirli e a condividere con loro le "good vibrations"
di uno show.

Grazie ragazzi, e… alla prossima! You rock!


Marcello Catozzi

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